
Venerdì 28 Marzo ore 20.45
Sabato 29 Marzo ore 20.45
Domenica 30 Marzo ore 16.45


MICHIKUSA
presenta
Una specie di Alaska
di
HAROLD PINTER
con
MAXENCE DINANT
MARIA LOTTI
DANIELA PAOLA ROSSI
gong master CHIARA LEONE ed ENZO MILONE
coreografie CRISTIANO FABBRI
musiche originali TINA OMERZO
scene e costumi ISABELLA RAMONDINI
assistente regia PAOLA SCHIAFFINO
regia DANIELA PAOLA ROSSI
L’inizio della messinscena descrive con partiture fisiche di teatro danza il viaggio compiuto da Deborah nei 29 anni di apparente sonno, il suo avventurarsi in territori “remoti”, fino al risveglio scandito dalla prima battuta del testo. In quel tempo sospeso i 3 personaggi gravitano come pianeti, con la propria vibrazione, espressione dell’essenza sommersa dell’uomo.
I Gong con il loro “canto” evocativo del suono primordiale della Creazione, trasportano in una dimensione trascendentale, distante dal mondo materiale: una specie di Alaska, appunto.
Il sonno di Deborah assume un significato esoterico essendo l’unico momento in cui l’uomo riuscirebbe ad attingere dal mondo astrale e spirituale quell’armonia che gli consente di fornire un sostegno alla sua anima razionale e ricomporne gli aspetti dissonanti.
L’iniezione “amabile” compiuta dal dottor Hornby, che come un principe risveglia la ragazza che aveva posato sedicenne su un talamo ospedaliero, proietta forzatamente la ormai non più giovane donna in una tormentosa situazione di anacronismo, strappandola a quello stato misterioso sulla soglia della morte fisica e precipitandone il corpo astrale in quello fisico rappresentato anche dalla figura della sorella minore Pauline che Deborah non riconoscera più.
Il finale evoca il noto mito della caverna di Platone: la sofferenza derivante dalla conoscenza della Verità e come solo la cruda accettazione della realtà del “non essere” può portare a una sorta di liberazione.
“Essere o non essere? Cosa è reale e cosa irreale? Cosa è vero e cosa è falso?
Come scrisse Harold Pinter nel 1958: “A volte si sente di avere tra le mani la verità del momento, poi essa scivola dalle dita ed è perduta”. Questa è la sensazione che ci coglie di fronte al testo “A kind of Alaska”, caso unico nella teatrografia di Pinter in cui l’autore per la prima e unica volta nella sua carriera dichiara la fonte esterna da cui ha tratto ispirazione per la scrittura dell’opera, che tuttavia si rileva una delle più arcane e simboliche. Ispiratosi al caso di una delle pazienti del neurologo Oliver Sacks affetta da una rara forma di encefalite letargica, la descrizione di Pinter del risveglio di questa moderna Bella Addormentata appare assimilabile alla creazione o risalita della Coscienza al Sé.
In tutta l’opera, sottesa da una evidente e forte pulsione sessuale, di quell’Eros che Platone definiva come “ricerca del Sapere”, la malattia trascende il suo significato convenzionale per erigersi a metafora del mistero della Conoscenza.”
